Necropoli Domestica
Un cimitero che diventa casa. Lapidi trasformate in letti, tombe che diventano tavole da pranzo. Un’intera comunità che vive quotidianamente accanto alla morte, non per scelta ma per necessità. È questa la realtà che il nostro progetto documentaristico – fotografico e video – racconta con uno sguardo profondo, rispettoso e immersivo. Nel cuore di Phnom Penh, capitale della Cambogia, oltre cento persone abitano stabilmente in cimitero situato nel bel mezzo di una baraccopoli, trasformato a sua volta in un villaggio informale fatto di baracche di legno, lamiere e teloni. La povertà estrema, unita alle conseguenze di disastri ambientali e alle scelte politiche, ha costretto intere famiglie a cercare rifugio tra le tombe.
"All’inizio... è stato tutto un po’ per colpa delle inondazioni, e un po’ perché il governo aveva deciso che il fiume doveva essere sgomberato, il nostro villaggio galleggiante, sembrava brutto dal momento che tutto intorno costruivano i grattacieli…” racconta Pat. “Così, piano piano, ci siamo spostati sulla riva del fiume, in una zona che allora era fuori dalla città. C’erano già altri come noi, e abbiamo costruito baracche, piccole case, tutto con quel poco che avevamo. Ma col tempo anche quel posto è diventato città. Hanno costruito intorno a noi, e alla fine ci hanno mandato via anche da lì. Solo che stavolta... non sapevamo più dove andare”.
“Quando siamo arrivati qui, non c’era posto. Ogni angolo era già occupato. Ma ci siamo accorti che c’era un pezzo di terra libero... ed era un cimitero. All’inizio eravamo solo due famiglie. L’idea era di restare solo per un po’, giusto il tempo di trovare un’altra sistemazione. Ma poi... abbiamo visto che gli spiriti non ci davano fastidio. E allora abbiamo deciso di restare.”
“Piano piano sono arrivati anche altri. All’inizio avevano paura, ma quando hanno visto che si poteva vivere qui... che nessuno veniva a cacciarci, e che i fantasmi non si facevano sentire, allora hanno preso coraggio. E adesso... siamo in tanti. Le tombe sono diventate parte delle nostre case. Ci viviamo sopra, accanto, intorno. Le rispettiamo. Qualcuno ci ha anche fatto l’altare, per ringraziare gli spiriti di lasciarci restare."
Il reportage esplora questa condizione unica al mondo, cercando di restituire umanità e dignità a chi, pur vivendo ai margini, riesce a costruire quotidianamente una forma di comunità. L’obiettivo non è solo mostrare, ma raccontare: attraverso immagini, interviste e momenti di vita, emerge un microcosmo sospeso tra superstizione e sopravvivenza, dolore e resilienza. “Vivere con i morti” è un lavoro di denuncia e testimonianza, ma anche di ascolto. È un viaggio nel silenzio assordante dell’emarginazione, in una realtà dimenticata dove la presenza degli spiriti è accettata più facilmente di quella degli uomini.












